Trasforma il conflitto in opportunità ! Suona come una provocazione? Di sicuro, possiamo riconoscere al conflitto una sua buona dose di utilità: permette di chiarire una situazione e a volte di risolverla, è l’occasione di confrontarsi, di affermarsi e di spiegarsi, può far parte di un processo negoziale.
Spesso, il conflitto potrebbe esser evitato. Cause potenziali del conflitto? Interessi divergenti, comunicazione non chiara, punti di vista diversi, stili e personalità contrastanti … Ma quali sono le vere cause del conflitto? Chi parla di conflitto parla anche (magari senza esserne consapevole) di ego, di non voler cedere, a volte di dominare o imporre, o semplicemente di voler avere ragione.
Fra i costi: l’impatto sul rapporto, sulla qualità e l’efficacia della comunicazione, l’alzamento dello stress ed eventualmente delle preoccupazioni, la perdita momentanea di serenità, la difficoltà a concentrarsi su altri temi e il forte consumo di energia.
Fra i benefici: eventualmente divertirsi, sfogare la propria frustrazione o rabbia, affermare le proprie ragioni e/o il proprio statuto o potere, accontentare il proprio ego…
La buona notizia? Il conflitto è un processo con varie fasi e quindi si può affrontare anche con un approccio metodologico.
A volte il conflitto sembra dotato di una vita autonoma che si autoalimenta con una tendenza ad essere volatile e a scoppiare all’improvviso.
In effetti, in un primo tempo (fase latente), il conflitto si forma al di fuori della nostra consapevolezza in maniera quasi impercepibile. A un certo punto, il conflitto diventa evidente (di solito, quando una forma di aggressività si manifesta). Se non viene arginato, continua la sua progressione fino a un punto di non ritorno che provoca successivamente una reazione incontrollata e un’esplosione.
La particolarità del processo? La sua interattività e la co-gestione. Coinvolge al meno due parti che vivono due processi paralleli, quello visibile all’esterno e quello proprio interiore, un misto di emotività e razionalità. Con potenzialmente due strategie distinte.
Il punto è “quanto diamo per scontata la soddisfazione dei nostri desideri?” Il primo passo è differenziare i nostri bisogni dai nostri desideri (per esempio, la fame dalla voglia di una pizza, la sicurezza dalla voglia di un contratto a tempo determinato, il riconoscimento dal diploma o dal premio). Il secondo passo sta nell’ammettere che non esiste un “diritto universale” alle soddisfazione dei nostri desideri: non è necessariamente dovuta. Ogni volta che pensiamo “questa cosa mi è dovuta” ci mettiamo in una potenziale situazione di frustrazione e quindi di conflitto.
PREVENIRE IL CONFLITTO |
Essere autoconsapevoli: conoscere se stesso e i propri bisogni, essere consapevoli dei propri desideri, capire i propri comportamenti disfunzionali e le proprie aree di miglioramento, identificare i propri diritti. |
Conoscere l’altro: i suoi bisogni e desideri, il suo contesto, le sue aspettative, le sue tendenze e i suoi limiti, i suoi tratti comportamentali, i suoi diritti. |
L’efficacia sta nel agire e reagire appena si percepisce l’esistenza del conflitto. L’errore più comune: aspettare pensando che sbollirà da solo. I motivi (al meno per la controparte) esistono e quindi le posizioni vanno chiarite. Più si interviene rapidamente, meno il conflitto nella sua forza si sviluppa.
Alla base di un conflitto c’è spesso un bisogno e quindi desideri non soddisfatti. Da lì, la nascita di una frustrazione o di una delusione che muta in rabbia, si esprime tramite l’aggressività e può portare alla violenza.
Per arginare il conflitto serve mettersi nei panni dell’altro ma anche porgli delle domande e manifestare una vera volontà di capire il suo punto di visto. Fargli esprimere i propri bisogni, desideri e frustrazioni, riconoscerli ed accettarli… non significa per forza soddisfarli.
In effetti successivamente si tratta di affermarsi cioè esprimere con assertività (vedere anche http://www.stateofmind.it/2014/11/assertivita-comportamento/) e chiarezza i propri obiettivi e bisogni, descrivere il proprio contesto (opportunità e vincoli) e avanzare elementi di soluzione. Significa quindi evitare messaggi rischiosi tali la minaccia, la critica, l’ordine, la morale, la predica l’adulazione, il guidizio … L’assertività e la capacità di influenzare sono interconnesse: posizionandosi “alla pari”, si creano rapporti sani ed equilibrati.
Aggressività, manipolazione e fuga non soluzionano i conflitti.
METODO D.E.S.C. |
D = descrivere i fatti |
E = esprimere sensazioni, emozioni, conseguenze |
S= proporre elementi di soluzione |
C= le conseguenze o impatti della soluzione |
Un altro metodo suggerisce di chiarire il proprio bisogno prima di parlare di soluzione e addirittura di avanzare una richiesta cioè una indicazione di come soddisfare quel bisogno (= soluzione).
Gestire un conflitto è spesso imprescindibile dal negoziare.
Per aver successo nella negoziazione, dobbiamo capire in quale tipo di conflitto ci troviamo, stabilire una strategia di massima chiarendo a noi stessi le concessioni accettabili, comunicare in modo schietto e diplomatico ed adoperare con un approccio a step.
In conclusione, per gestire al meglio il conflitto occorre imparare a gestire le nostre frustrazioni e quelle degli altri, identificare i bisogni di ciascuno, rimanere focalizzare sul risultato da raggiungere (piuttosto che sul fatto di aver ragione), decodificare (cioè ascoltare ed osservare), fare domande … anche quando si pensa di conoscere già la risposta o se essa ci sembra scontata, ed affermarsi con assertività riconoscendo che una soluzione duratura è quella che soddisfa i bisogni di ambi le parti.
Per approfondire, vedere anche: http://www.psicolab.net/public/pdfart/10066.pdf
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